Evoluzione delle piante - botanica

La storia dell’evoluzione delle piante terrestri, altrimenti conosciute come embriofite, risale a quasi due miliardi di anni fa con l’apparizione delle prime forme di organismi eucariotici fotosintetici. Queste, null’altro erano che eucarioti unicellulari che avevano acquisito per fagocitosi, e attraverso un complesso processo, un organulo fondamentale: il cloroplasto. Tra queste primitive forme, Grypania sp., è probabilmente il più antico eucariote fotosintetico, datato a 1870 milioni di anni fa.

Con la proliferazione dei primi cianobatteri e l’avvento di eucarioti fotosintetici multicellulari, gli ambienti acquatici hanno iniziato ad arricchirsi di ossigeno e di conseguenza sono comparse forme di vita via via più complesse come le alghe, organismi autotrofi uni o pluricellulari capaci di fotosintesi. L’aumento dei processi fotosintetici nella vita acquatica ha inciso, col passare del tempo, non solo sulla composizione chimica delle acque ma anche su quella atmosferica, che, arricchita di ossigeno, ha permesso lo sviluppo di forme ancora più complesse: è così che ha avuto inizio la colonizzazione delle prime forme non vascolari prima, e vascolari poi, sulla terraferma.

Evoluzione delle piante
Le piante si sono volute lungo il corso dei vari periodi e delle varie ere. Il passaggio dall'ambiente marino a quello terrestre ha permesso una migliore esposizione alla luce solare e all'anidride carbonica. Il passaggio dalla vita marina a quella terrestre è stato graduale e le tracce di questa evoluzione sono visibili ancora oggi: nelle pteridofite, i gameti devono spostarsi dentro un mezzo acquoso perché avvenga la fecondazione.

Teoria dell'evoluzione: dalle alghe del Paleozoico alle embriofite terrestri

La teoria fino adesso più accreditata è che le embriofite si siano evolute durante il Paleozoico, attorno 540 milioni di anni fa, da un gruppo di alghe verdi: le Charophyte. Da un punto di vista microscopico, le cellule delle embriofite sono molto simili a quelle delle Charophyte e possiedono in comune anche il tipo di ciclo vitale che coinvolge l’alternanza di generazioni. Infatti, piante terrestri e clorofite (alghe verdi) vengono racchiuse in un unico gruppo monofiletico: il clade delle Viridiplantae. La separazione delle embriofite e delle alghe verdi è avvenuta più o meno dai 500 ai 470 milioni di anni fa, datazione ottenuta grazie al ritrovamento di sporopollenina fossile che attesta appunto un tipo di vita terrestre da parte delle piante.

La conquista della terraferma però non è stato un passaggio facile né tanto meno veloce, le embriofite più primitive hanno dovuto evolvere diverse caratteristiche che hanno impedito per prima cosa la disdratazione, e che hanno permesso loro di vincere la forza di gravità attraverso nuovi tipi di accrescimento.

Studi filogenetici e caratteristiche morfologiche rivelano  che le briofite siano il più antico lignaggio dal quale le piante terrestri si siano evolute: con esse si assiste al passaggio dall’ambiente acquatico a quello terrestre; nonostante dipendano ancora dall’acqua per la riproduzione (gli anterozoidi infatti possono muoversi solamente in acqua). Per limitare la traspirazione e la perdita di acqua (stress idrico), le cellule epidermiche si sono ispessite tangenzialmente grazie alla presenza di uno strato di cuticola composta da poliesteri e cere, si sono inoltre evoluti sistemi conduttori inizialmente rudimentali: le cellule del tallo hanno iniziato a differenziarsi adattandosi al trasporto di soluzioni (protracheofite). Tali differenziazioni sono diventate sempre più complesse nel corso dell’evoluzione, permettendo il passaggio da un’organizzazione tallosa (tallofite, tipica delle alghe) a una pienamente cormofitica che trova massima espressione nelle tracheofite (piante con tessuti vascolare e cribroso).

Testimonianze fossili dimostrano che l’evoluzione dalle briofite ha portato  allo sviluppo di più sporangi in un singolo sporofito dando vita alle polisporangiofite (come per esempio in Aglaophyton sp., pianta estinta circa 400 milioni di anni fa) e alla comparsa della lignina (come in Cooksonia sp., circa 425 milioni di anni fa). La lignina presente nelle cellule vegetali ha drasticamente migliorato le proprietà meccaniche dei tessuti conferendo innanzitutto rigidità alla pianta, aumentando le possibilità di trasporto su lunghe distanze e consentendo contemporaneamente un aumento dimensionale dello sporofito in lunghezza, cosa che ha portato mano a mano all’evoluzione di un ciclo biologico in cui predomina la generazione sporofitica (come avviene in tutte le piante superiori: crittogame vascolari, gimnosperme e angiosperme).

Ancor prima di una evoluzione nell’accrescimento in spessore della pianta (noto come accrescimento secondario), un cruciale adattamento per la vita in ambiente subareo è stato la formazione di piccole emergenze lungo il fusto dette microfille, antenate delle foglie attuali e percorse  prima da una singola nervatura attraversata da un primitivo fascio cribro-vascolare, poi da più nervature (megafille) che ha permesso l’aumento della vascolarizzazione e di conseguenza dell’attività fotosintetica. Con tale incremento e quindi con più energia disponibile per la pianta, le tracheofite hanno potuto iniziare a sviluppare più adattamenti che hanno permesso:

  • la formazione di fusti modificati per svolgere la funzione di ancoraggio al suolo (radici);
  • ulteriori sviluppi del trasporto di acqua e di strutture di trasporto meccanico grazie alla maggiore complessità dei tessuti di conduzione (floema e xilema);
  • un accrescimento secondario in spessore (cambio cribro-legnoso e cambio subero-fellodermico, presente in gimnosperme e angiosperme con strutture però diverse nei due gruppi).

Con questi adattamenti, già dal Devoniano superiore - Carbonifero inferiore (circa 370-360 milioni di anni fa), le embriofite possedevano tutte le principali caratteristiche che possono essere riconosciute nelle piante attuali.

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