Stress idrico - fisiologia vegetale

Lo stress idrico è una condizione, temporanea o prolungata, di assenza di acqua, solitamente carente a livello del terreno. Come tutti gli stress vegetali può comportare danni primari o danni secondari ad una pianta. Il concetto di stress idrico non è universale, ad esempio non si può semplicemente riferire ad una carenza di acqua nel tempo, giacché alcune piante possono essere perfettamente adattate a lunghi periodi di siccità. Per questa ragione, uno stress idrico si definisce tale quando la pianta, in risposta ad esso, opera un adattamento morfofunzionale oppure, se non è capace di adattarsi, soffre la condizione di carenza d'acqua. 

Lo stress idrico più comune è quello relativo al potenziale idrico a livello del suolo. Se il suolo è arido, il potenziale dell'acqua è maggiormente negativo rispetto a quello della radice che, per questa ragione, non può assorbire acqua. In alcuni casi, la radice, mette in atto dei fenomeni di eliminazione dei peli radicali noti come effetto cassaforte. Altre fonti di stress idrico sono rilevibili a carico di fusto e di foglie. Una eccessiva resistenza dello xilema o una traspirazione eccessiva sono cause di stress idrico.

Irrigazione
L'eccesiva irrigazione, al pari della carenza di acqua, può portare ad uno stato di stress idrico più o meno severo.

Quantificazione dello stress

Uno stress si definisce lieve o modesto se il valore di pressione dell'acqua non determina un collasso della parete; in altre parole se la pressione di turgore assume valori superiori a 0 la pianta può elaborare lo stress e, mediante una serie di meccanismi, rispondere ad esso.

Danni derivanti da stress idrico

Lo stress idrico può provocare dei danni di natura elastica e plastica. Uno stress elastico, in linea generale, può essere di natura temporanea e non letale. Il danno plastico, invece è irreversibile.

Danni elastici

  1. Inibizione dell'accrescimento per distensione;
  2. Chiusura degli stomi;
  3. Inibizione della fissazione della CO2;
  4. Cavitazione;
  5. Caduta dei peli radicali;

Danni plastici

  1. Alterazioni del metabolismo e lesioni di carattere biofisiologico;
  2. Caduta delle foglie, a seguito di produzione di etilene;

Risposta allo stress

La risposta della pianta, nei confronti di situazioni di stress idrico, varia in base alla specie. Le specie effimere chiudono il loro ciclo vegetativo nei momenti delle piogge e si preparano per i periodi di siccità, ad esempio durante l'estete, operando un rallentamento del metabolismo. Un buon esempio di piante effimere deriva dall'osservazione del ciclo vitale delle piante annuali. Le geofite, sono particolari effimere, che mantengono vitale la porzione ipogea sfruttando un ingegnese sistema di accumulo di acqua e soluti, ad esempio nel tubero nel bulbo (botanica) e nel rizoma.

Le xerofite, invece, rispondono allo stress mediante meccanismi di adattamento, di tolleranza oppure di "avoidanza" (dall'inglese "to avoid", che significa evitare).

Adattamento

L'adattamento di una pianta, nei confronti di potenziali eventi di stress idrico, è di natura morfologico ed è concentrato al risparmio dell'acqua e alla diminuzione della traspirazione. Il primo passo, infatti, consiste nell'espressione della microfillia, in altre parole della riduzione fogliare in termini di superficie. Allo stesso modo lo sviluppo in altezza è limitato e, sovente, gli internodi vengono modulati in modo da generare la cosiddetta forma a rosetta, facilmente osservabile in alcune succulente. Anche l'apparato radicale, solitamente ipogeo, è modificato giacché tende a crescere e ramificarsi più in profondita per cercare di arrivare in zone a maggior potenziale idrico.

L'adattamento coinvolge, solitamente, l'apparato fogliare. Nelle opuntie la "spina" è in realtà una foglia modificata e il fusto, anch'esso modificato, la opera fotosintesi clorofilliana.

L'adattamento può essere inteso come un processo di natura genetica, che deriva dall'esposizione di numerosi generazioni, a condizioni di stabile stress idrico.

Acclimatazione

L'acclimatazione è una risposta allo stress idrico di breve durata che si esplica con eventi reversibili. Durante l'acclimatazione, l'organismo vegetale, può limitare la traspirazione, e la conseguente perdita di acqua, in diversi modi. La chiusura degli stomi è un metodo rapido e efficiente per conservare l'acqua che, nel più amplio contesto, può essere trattenuta anche diminuendo la superficie fogliare mediante la perdita di questi organi oppure con una riduzione morfovolumetrica. La pianta può, in sintesi, far "morire" alcune foglie oppure modificare la struttura sia in termini di dimensioni sia in termini di orientamento nei confronti dei raggi solari. Un altro meccanismo, intracellulare, di salvataggio dell'acqua prevede delle regolazioni intracellulari della qualità osmotica.

Specie evitatrici, specie conservatrici e specie spenditrici

Un'altra classificazione delle piante, in base alla risposta che forniscono allo stress idrico, riunisce le piante in tre gruppi: evitatrici, conservatrici e spenditrici.

Le piante spenditrici operano, a livello cellulare, delle modulazioni osmotiche e un aumento della superficie radicale. La maggiore superficie assorbente permette di "ottenere" più acqua, giacché le unità di suolo drenate aumentano considerevolmente. L'abbassamento del potenziale osmotico determina una notevole capacità di mantenimento del turgore cellulare. Questi due aspetti permettono di mantenere gli stomi per un periodo di tempo più lungo e, come da diretta conseguenza, il metabolismo non è rallentato in modo significativo. Il semitempo di scambio idrico è molto lungo, pertanto l'acqua è maggiormente "conservata" tra un passaggio ed un altro.

Le piante conservatrici, invece, applicano degli aggiustamenti di natura morfofunzionale e enfatizzano l'effetto cassaforte, con una marcata presenza di cuticola, un minore tempo di apertura degli stomi, e un brevesemitempo di scambio idrico. Nelle piante conservatrici, a livello della radice, è biosintetizzato l'acido abscissico (ABA) che viene trasportato, mediante lo xilema fino alle foglie. L'aumento della concentrazione di ABA porta alla chiusura idroattiva degli stomi. L'ABA, inoltre media l'espressione dei geni LEA (Late Abundant Embryogenesis) che servono per la sintesi di molecole altramente idrofiliche che, a loro volta, controbuiscono a abbassare il potenziale dell'acqua.

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