HIV - malattie sessualmente trasmissibili

Tavola dei contenuti: Aspetti biomolecolari - HIV nella società - Fonti

L'HIV-1, o virus dell'immunodeficienza acquisita, è l'agente eziologico responsabile della cosiddetta sindrome da immunodeficienza acquisita; il sierotipo virale 1 si manifesta, generalmente, nei paesi occidentali. L'HIV-2 è, invece, prevalentemente riscontrato nel continente africano. Dal punto di vista della classificazione appartiene alla famiglia dei Retroviridae, genere lentivirus. HIV appartiene alla classe dei retrovirus, particolari virus che retrotrascrivono l'RNA a DNA che, successivamente, viene integrato nella cellula ospite.

La storia di HIV si dirama nella fase finale del XX secolo quando, tra il 1980 e il 1982, si registrarono numerosi casi di infezioni da parte di ceppi batterici normalmente innocui e non in grado di rappresentare un pericolo per la salute dell'individuo. Si osservò, dapprima, che le infezioni - specialmente polmonari - erano più frequenti nella comunità omosessuale e, successivamente si comprese che anche la tossicodipendenza era un aspetto che riconduceva alle infezioni. Furono Luc Montagnier e Robert Gallo a identificare il virus che, inizialmente, prese il nome di HTLV-III; successivamente, a seguito di altri accertamenti, il virus prese il nome di HIV.

Aspetti biomolecolari

Il virus HIV è stato a lungo studiato e può essere descritto sia dal punto di vista genetico che morfologico. Numerosi esperimenti hanno permesso di stabilire, i meccanismi di attacco e di riproduzione del virus.

Morfologia

Le dimensioni di HIV-1 sono di, circa, 120nm. Esternamente, presenta il pericapside, un rivestimento fosfolipidico, che deriva dalla membrana cellulare dell'ospite, acquisita durante la fuoriuscita dalla cellula. Il virus dell'HIV, per questo motivo, si definisce un virus rivestito. A livello del pericapside si trovano le proteine GP120 e GP41 che servono, rispettivamente, per il riconoscimento della proteina CD4, presente nei macrofagi, linfociti T helper e nelle cellule dendritiche, e per la fusione della virus con la membrana cellulare dell'ospite.

La matrice del virus è formata da una trama di proteine virali P17. Il nucleocapside, a differenza di altri retrovirus, non è perfettamente sferico ma presenta una forma cilindrica. All'interno del nucleocapside è presente l'RNA virale e un pool proteico necessario per la replicazione del virus; le proteine sono inglobate a seguito di una precedente infezione e sono l'integrasi, la proteasi e la trascrittasi inversa. Inoltre, all'interno del nucleocapside, sono presenti dei tRNA virali che servono da innesco per la retrotrascrizione.

Genoma

Al pari di tutti i retrovirus, anche HIV-1 ha un genoma costituito da due molecole di ssRNA(+) identiche, in altre parole possiede due RNA a singola elica di polarità positiva. L'espressione del genoma avviene in due fasi: nella prima si assiste alla traduzione del ssRNA(+) in un intermedio di DNA, mediante l'intervento dell'enzima trascrittasi inversa e, successivamente, tale DNA viene integrato al DNA della cellula ospite. Il DNA integrato, chiamato provirus, inizia a sintetizzare molecole di RNA le quali servono per la creazione, attraverso i ribosomi cellulari, di proteine virali.  In una seconda fase il DNA virale codifica per molecole di RNA che serviranno da genoma.

Genoma hiv traduzione proteine
Genoma di HIV e traduzione dei geni GAG, POL e ENV.

Geni strutturali

HIV possiede tre geni essenziali o strutturali che servono a codificare le proteine, gli enzimi e le proteine di struttura. Questi geni sono chiamati, rispettivamente: gag, pol, ed env e sono disposti, nel genoma nella sequenza 5'-gag-pol-env-3'.

Gene env

Il gene env di HIV codifica per una proteina che verrà, successivamente, trasformata mediante dei tagli proteolitici nelle proteine GP120 e GP41. Le due proteine sono le principali responsabili del riconoscimento dei linfociti CD4+ (GP120) e nella fusione del virus con la cellula riconosciuta (GP41).

Penetrazione nell'ospite

L'attacco di HIV-1 sembra essere mediato da alcune glicoproteine presente nel rivestimento virale, in particolare GP120 e GP41. I siti di attacco possono essere le proteine CD4, presente nei linfociti T, nei macrofagi e nelle cellule dendritiche.

HIV, penetrazione nella cellula ospite
Penetrazione del virus di HIV nella cellula ospite.


Sembra che l'attacco sia coadivuto da un corecettore che si trova vicino alla proteina CD4+, in individui che presentano anomalie dovute a fattori genetici del corecettore l'esposizione ad HIV-1 sembra non provocare patologie ma questi dati sono ancora in fase di analisi.

Diagnosi

La diagnosi è effettuata con quello che, comunemente, viene definito Test dell'AIDS nonostante questo termine sia improprio; questo perché l'AIDS, o sindrome da immunodeficienza acquisita, è lo stadio successivo a quello dell'infezione. Il test consiste in un saggio enzimatico, chiamato ELISA e in un successivo test di controllo, chiamato western blot, attraverso il quale è possibile rilevare particolari frammenti proteici del virus.

Profilassi

La profilassi dell'HIV consiste in una massiccia campagna informativa che ha lo scopo di incentivare una corretta igiene comportamentale, specialmente per quello che riguarda le abitudini sessuali ed igieniche della popolazione. La prevenzione secondaria e la prevenzione terziaria consisteono nel somministrare al paziente, già infetto da HIV, un cockatil di farmaci a base di inibitori della transcrittasi inversa.

Patologia relativa: AIDS

L'infezione da HIV non determina patologie cliniche nei primi 30-90 giorni ed è difficilmente rilevabile tramite il test ELISA (Enzyme Linked Immunoassorbent Assay). Questa fase è definita periodo finestra. Dopo i tre mesi, iniziano ad apparire le prime sintomatologie che, comunque, possono essere confuse con altri fattori eziologici. Il paziente mostra, infatti, segni di decadimento immunologico e comparsa di stati di malessere generico come, ad esempio, febbre, vomito, eruzioni cutanee. Nel periodo che va dai 12 mesi a diversi anni dopo il contagio, queste patologie da sub-cliniche passano ad essere cliniche. Se non si interviene, usando una combinazione di differenti farmaci, il paziente rischia di morire a causa del suo sistema immunitario compromesso. Nella fase finale la concentrazione plasmatica dei linfociti CD4+ (helper) e CD8+ (helper e killer) subisce un vistoso calo e, assieme al quadro clinico annesso, rappresenta la prova della progressione dell'infezione verso l'AIDS.

L'infezione da HIV determina, in genere, la comparsa di altre infezioni che in un individuo sano sono perlopiù trascurabili. La carenza di difese di un soggetto infetto da HIV dovuta dalla sua massiccia e variabile replicazione, invece, lo espone al patogeno che, nonostante possa essere poco virulento, può intaccare la salute dell'organismo proprio perchè privo di difese.

HIV nella società

La trasmissione del virus dell'immunodeficienza acquisita rappresenta un attuale problema, specialmente per le popolazioni in via di sviluppo. Nonostante non sia ritenuto un "virus pericoloso" oppure mortale, i dati a disposizione indicano chiaramente che di HIV si continua a morire. Nel 2016, in tutto il mondo, si sono registrati oltre un milione di decessi e - si ritiene - che il numero sia sottostimato a causa di tutte le fatalità non registrate. Al momento, 36 milioni di persone vivono con una infezione da HIV e oltre 1.8 milioni di nuovi casi si sono registrati nel 2016.

HIV - dati 2016
Campagna informativa sull'HIV promossa dal portale BiologiaWiki.it

La presenza di nuove cure, o di trattamenti che limitano di molto la comparsa degli effetti collaterali tipici dell'HIV ha contribuito alla genesi di una "falsa sicurezza" che, tuttavia, può menomare la qualità di vita di potenzialmente qualsiasi individuo.

Trasmissione diretta

La trasmissione virale avviene attraverso i contatti sessuali non protetti, per questa ragione è sempre opportuno l'utilizzo del preservativo nei rapporti sessuali occasionali. Una sufficiente carica virale è presente nello sperma e nelle secrezioni vaginali e, per questa ragione, il contatto diretto permette la trasmissione del virus. Le cariche virali sono presenti anche nel sangue, motivo per il quale è necessario operare specifici controlli durante i processi che implicano il trasferimento o la manipolazione di organi, di sacche di sangue, sia a garanzia dei pazienti che degli operatori.

La trasmissione del virus HIV non avviene attraverso la saliva, il sudore o per via aerea. Non è, per questo motivo, possibile il passaggio e l'infezione virale mediante un bacio, oppure dopo aver bevuto dallo stesso bicchiere.

Trasmissione sessuale

La trasmissione sessuale dell'HIV prevede il contatto diretto dei fluidi sessuali (sperma o secreto vaginale) oppure del sangue direttamente con la mucosa del partner. La trasmissione sessuale avviene, in altre parole, attraverso i rapporti consumati senza preservativo di natura orale, vaginale o anale. La penetrazione anale, a causa dell'anatomia del retto, rappresenta il tipo di rapporto a più alta possibilità di trasmissione virale, poiché durante il rapporto è molto più probabile l'insorgenza di microlesioni della mucosa.

Rapporti orali e HIV

Anche durante il consumo di un rapporto orale, sebbene con una probabilità di gran lunga inferiore se confrontata con altri tipi di rapporto sessuale, è possibile contrarre l'HIV. Questo avviene poiché le membrane e i fluidi possono contenere cariche virali sufficienti per una infezione virale

Trasmissione attraverso le afte

Le afte rappresentano delle piccole interruzioni della mucosa buccale, dal diametro di pochi millimetri. Attraverso le afte è estremamente improbabile il passaggio del virus, che - ragionando in termini di carica virale - non sarebbe capace di operare una completa infezione in un soggetto sano. Un diverso discorso sarebbe da adoperare nel caso delle cosiddette afte ulcerose, caratterizzate dalla perdita di sangue; in quel caso, una ipotetica ferita potrebbe essere un potenziale canale di passaggio del virus.

Fonti

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